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Berardi Rosetta Dubai in art - Intermediari d'arte internazionali

artista Berardi Rosetta
Berardi Rosetta

Rosetta Berardi (all’anagrafe Rosa Lavatura). Sono nata in provincia di Catania, vivo a Ravenna.

Nel 1962, assieme alla famiglia, mi trasferisco dalla Sicilia a Ravenna ed è qui che si attua la mia formazione artistica diplomandomi in pittura all’Accademia di Belle Arti di Ravenna e laureandomi a Bologna in Storia dell’Arte Contemporanea (DAMS).

Il mio percorso artistico, iniziato alla fine degli anni ’70 con un linguaggio pittorico, si sviluppa per fasi con una ricerca tesa soprattutto al piacere dell’uso di materiali vari: carta, tarlatana, piombo. Sono sempre stata sensibile al fascino della contaminazione creativa: libera di interrogarmi apertamente su pittura, installazione, fotografia.

Non so se l’arte sia più o meno naturale della natura né se la natura abbia più o meno fantasia dell’arte. So per certo che la natura ha bisogno della fantasia dell’arte non meno di quanto l’arte ha bisogno della fantasia della natura.

Da piccola pensavo che la natura mi corresse addosso, che i colori mi abbagliassero, che il cielo potesse cadermi in testa e mi chiedevo dove fossero i confini della natura. Mi perdevo. Non trovavo le risposte. Per non pensarci mi mettevo a disegnare. Avevo circa sei anni.

Disegnavo ciò che conoscevo, ciò che potevo controllare, ciò che non mi creava panico.

La mia lavagna era orizzontale (lo è tuttora, dipingo sul tavolo o sul pavimento).

Il mio colore era solo uno: il bianco del gessetto.

Disegnavo sul pavimento del cortile interno della mia casa.

Nelle calde estati, molto del mio tempo lo passavo così. Poi, verso sera, mia madre provvedeva a lavare il pavimento e il giorno dopo era di nuovo pronto per me.

In un certo senso, mia madre, aveva anticipato la processualità di alcuni grandi artisti che eseguono l’opera per poi distruggerla (Sol LeWitt).

La natura e i colori mi appartenevano, erano scontati, non avevano bisogno che io li raccontassi. Ho passato l’infanzia disegnando sempre con un solo colore: prima col gessetto, poi con la matita, poi con la penna.

Così, mentre parenti e amici sapevano già che da grande volevo fare la pittrice, inizia la mia storia.

Tutto cambia quando dalla Sicilia arrivo negli anni ‘60 in Romagna. Qui la natura non mi sovrasta, è discreta, si lascia contemplare. E’ minimalista. Una sola linea orizzontale. Il cielo più grande spesso si mescola con il mare.

Dopo gli anni trascorsi all’Accademia di Ravenna, dove apprendo la tecnica della pittura ad olio, abbandono lo stile del maestro e dipingo una serie di opere col tema del cielo. Il disegno sparisce e prende lì il sopravvento il colore.

La mia produzione artistica è articolata in cicli (le albe, la punteggiatura, le foglie, il velo, la scrittura, i pini, le rose).

Molte delle mie opere hanno preso forma sulla spinta di un evento, di una emozione, di uno strappo.

Così, viaggiando nei paesi orientali, la scrittura sui muri delle città è entrata a far parte delle mie opere. Segni grafici come “tracce nella memoria”. Anche contemplando la natura è possibile scorgere le strutture delle cose e nel loro interno è possibile leggere segni e punteggiature: la scrittura è sempre davanti ai nostri occhi ma spesso non sappiamo decifrarla.

In questa architettura intorno alle lettere e alla loro forma, rappresento una realtà immaginifica e creativa attraverso un’estetica posta a difesa delle culture che si incontrano.

Contemporaneamente l’interesse per la fotografia mi ha dato la possibilità di produrre una serie di opere sull’universale mistero del velo.

Nel 2012 l’incendio di una pineta mi riporta dentro la natura: una natura violata, strappata.

“La natura è un tempio” - scrive Baudelaire. Ora è un tempio profanato. Ho sotto gli occhi uno sfregio a quell’arte divina che è la natura. Sento il bisogno quasi di una catalogazione o archiviazione dei “monumenti” andati in fumo.

Noi eravamo pini è il titolo per centinaia di piccole opere su carta e su tela, dove i pini appaiono come fantasmi contorti e nello stesso tempo come fieri monumenti. I colori scelti sono il bianco e il nero. Non c’è assenza di cromatismo, giacché il rapporto pittorico tra il bianco e il nero è l’essenza del cromatismo. Così come il confine tra pittura e fotografia non esiste più. Il bianco e il nero, entrambi sintesi di tutti i colori, preludono al loro contrario e pretendono la rinascita di quel mondo strappato. Ed ecco che negli ultimi lavori “Notturni” del 2020 la rinascita è appena visibile, segno di speranza e di vita che si rigenera nel misterioso e divino ciclo vitale.


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